A 10 ANNI DAL REFERENDUM PER L’ACQUA PUBBLICA POCO O NULLA È STATO FATTO. NE ABBIAMO DISCUSSO A SARNO.



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Questa mattina, insieme a cittadini e comitati, abbiamo affrontato il tema dell’acqua pubblica a 10 anni dal Referendum del 2011. Quello dell’acqua pubblica è un tema a cui ho sempre tenuto, da attivista prima e Senatrice adesso. Mi sono sempre battuta per il principio dell’ acqua come bene comune, indispensabile ed essenziale alla sopravvivenza. Non è possibile, ancora oggi avere gestori come la Gori, che fanno dell’acqua un affare pagato a caro prezzo dai cittadini, con delle tariffe sempre più esorbitanti e che allo stesso tempo non ci pensa due volte a chiudere l’erogazione se non si è in grado di pagare la bolletta. L’acqua non è un lusso, è una necessità, il cui uso minimo, deve essere consentito anche se non si hanno risorse economiche. Oggi dopo dieci anni, non solo non è stato fatto nulla per rispettare la volontà popolare ma si rischia addirittura di peggiorare lo status quo con un Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che prevede investimenti sui servizi idrici per 4,38 miliardi di euro. Il Piano si basa su una logica privatistica e prevede il superamento delle gestioni pubbliche con un graduale al passaggio a una logica industriale tramite interventi che favoriscano la costituzione di operatori integrati, pubblici o privati per realizzare economie di scala e garantire una gestione efficiente degli investimenti e delle operazioni. Non possiamo permettere in silenzio che il Piano nazionale di ripresa e resilienza si limiti a rafforzare il sistema esistente, l’esatto contrario di quanto ci si sarebbe aspettato dopo il 2011.I 4.38 Miliardi di euro del PNRR sono insufficienti per risolvere le problematiche legate alla gestione dell’acqua. Lo spreco nella distribuzione in primis. Pensate che una ricognizione di Arera indica un fabbisogno già esistente di 10 miliardi di euro per progetti e interventi finalizzati alla riduzione delle perdite idriche, garantire la continuità della fornitura e migliorare la qualità dell’acqua destinata al consumo umano.Dunque vi renderete conto che le somme stanziate sono irrisorie rispetto al grande problema della vetustità delle infrastrutture, infatti a causa di una rete idrica colabrodo disperdiamo il 42% dell’acqua prima che arrivi al rubinetto, e una volta usata, troppo spesso quest’acqua non viene poi depurata: ancora oggi infatti il 30% della popolazione italiana non è connessa agli impianti di depurazione delle acque reflue urbane. Dietro i continui aumenti tariffari non ci sono gli investimenti ma l’aumento dei rendimenti sul capitale investito nelle utility idriche che sono cresciuti sino a valori annui largamente superiori al 10% per le utility maggiori e tra il 5 e il 10% per quelle di medie dimensioni.Secondo i dati della Cgia di Mestre, negli ultimi dieci anni le tariffe del servizio idrico sono aumentate di oltre il 90 per cento a fronte di un incremento del costo della vita del 15 per cento. Tutto ciò è assurdo.Per riportare l’acqua sotto il controllo pubblico una legge ci sarebbe già, ma è ferma alla commissione Ambiente della Camera dei deputati. L’ultimo esame risale al 2019 e sembra mancare la volontà politica di fare avanzare la proposta. Il testo nasce da una proposta di iniziativa popolare che i movimenti per l’acqua pubblica e prevede di liquidare gli azionisti privati e trasformare la natura di tutte le società, attualmente di diritto privato, in enti di diritto pubblico. Non ci sarebbero più società private o miste e sarebbero ribaditi i principi generali dell’acqua come bene naturale, diritto universale e fondamentale, indispensabile per la vita. E’ intollerabile che la volontà popolare non sia rispettata. Io ci ho provato in ogni modo sollecitando i miei colleghi frequentemente.Eppure quella che era la mia forza politica di appartenenza, il M5S, aveva raccolto da sempre consensi per la battaglia sull’acqua pubblica. Ma noi non ci dobbiamo fermare, l’acqua è un bene pubblico e tale deve ritornare. Su questa posizione non dobbiamo fare mai un passo indietro. Ricordatelo anche quando andrete nelle urne.Non so come non ci si renda conto che l’accesso all’acqua è un diritto umano universale e anche una condizione essenziale per arginare la drammatica emergenza igienico-sanitaria che stiamo vivendo. Se a tutto ciò aggiungiamo i continui tentativi indiscriminati del gestore Gori di distacco e di riduzione del flusso, indiscriminatamente, a danno di molti utenti, non aver fatto ancora nulla è una sconfitta per tutti. Tutto ciò è l’ennesima conferma della necessità di ritornare subito ad una gestione pubblica, solidale e partecipata del servizio idrico. Non averlo fatto a dieci anni da quel referendum è grave. Io non mi fermo.

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